Il 15 ottobre un missile drone teleguidato ha fatto almeno quattro vittime nel Nord Waziristan, in territorio Pakistano. Il bombardamento è stato effettuato presumibilmente da forze statunitensi, intenzionate a colpire un sospetto campo militare talebano.

L'episodio, che ha trovato pochissima risonanza nei media, è solo l'ultimo di una lunga serie di attacchi degli USA in territorio pakistano, ed è uno dei meno gravi in termini di perdita di vite umane. Infatti è dal lontano 2004 che gli USA conducono in Pakistan una guerra segreta. Segreta perchè perlomeno per noi Italiani si è svolta, e continua a svolgersi, coperta da un silenzio quasi assoluto dei mass media. E segreta anche per via delle scelte tattiche delle forze americane: la quasi totalità degli attacchi è effettuata tramite bombardamenti mirati con missili-drone comandati a distanza, e con attacchi-ombra da parte di soldati sotto copertura.

Il principale teatro d'azione ha luogo nelle zone ad Amministrazione Federale (indicate nella mappa come FATA, ossia "federally administered tribal areas") situate al confine con l'Afghanistan: queste, pur riservandosi una rappresentanza in parlamento ed essendo giuridicamente sotto il controllo dello stato pakistano, sono abitate da tribù con un forte spirito d' indipendenza; è  quì che hanno trovato asilo, e col tempo esteso la loro influenza, parte delle forze di Al Qaeda. Agli Stati Uniti è apparso, quindi, naturale includere il Pakistan tra le zone nel mirino della Guerra al Terrore. Nel 2006 a essere vittima dei bombardamenti americani fu, tra gli altri, anche il villaggio di Damadola, dove si riteneva che avesse trovato rifugio il “braccio destro” di Bin Laden, Ayman al-Zawahiri. In quell'occasione l'attacco causò almeno 18 morti tra cui, si ritiene, alcuni membri dell'organizzazione terroristica, ma non lo stesso Ayman, che al momento dell'attacco non si trovava nel paese. L'ottobre dello stesso anno un altro bombardamento alla madrasah (scuola religiosa islamica) di Chenagai, che si dice fosse utilizzata come campo d'addestramento, fece almeno 80 morti. L'8 Settembre '08 l'attacco ad un'altra madrasah, quella di Daande Darpkhel fece 23 vittime, tra cui otto bambini, e perlomeno 18 feriti. Ci siamo limitati a citare solo pochissimi tra i casi degli ultimi anni, di cui è disponibile in rete una cronologia ben più completa che parte dai primi, sparuti attacchi nel 2004 e si prolunga fino a quelli, decisamente più numerosi, avvenuti nel corso dell'anno corrente.

Gli attacchi condotti dagli USA nelle regioni federali si aggiungono a precedenti scontri per il controllo del territorio tra l'amministrazione centrale del Pakistan e le tribù delle Aree ad Amministrazione Federale. Malgrado voci insistenti farebbero supporre l'utilizzo di basi pakistane per il decollo dei droni americani, il governo del Pakistan - attualmente in mano a Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto - ha negato ogni coinvolgimento negli attacchi, e anzi ha sempre definito questi attacchi americani, che a suo dire verrebbero condotti unilateralmente senza la collaborazione con le forze pakistane, come una vera e propria violazione della sovranità del Paese. Il mancato coinvolgimento del governo locale verrebbe giustificato, stando alle dichiarazioni americane, dal forte sospetto della presenza di simpatizzanti per al Qaeda all'interno dei servizi segreti del Pakistan.

Qualora effettivamente gli attacchi fossero condotti senza alcun coinvolgimento del governo locale, le circostanze giustificherebbero una simile violazione della sovranità pakistana? La presenza in uno stato di singoli gruppi terroristici, gruppi persino ostili al governo locale, sono una buona ragione per violarne impunemente i confini con delle azioni militari? E' lecito condurre, come nei fatti accade, una guerra contro uno stato che non ha alcun coinvolgimento nelle azioni dei terroristi annidati all'interno del proprio territorio?
La questione potrebbe sembrare una semplice sottigliezza formale e giuridica, se non tenessimo conto delle vittime civili e degli effetti dei bombardamenti americani sul territorio pakistano.
Potrebbe sembrare una questione superflua se, infine, non ci ricordassimo che tutto l'assetto internazionale odierno si basa su simili sottigliezze, sottigliezze come il principio secondo cui ciascuno Stato è sovrano del territorio compreso nei propri confini, territorio che non può essere legalmente violato da altri Stati. Ciascuno può immaginare che fine farebbe la già compromessa e illusoria stabilità dello scenario politico internazionale qualora la violazione di tali regole formali divenisse, sulla base di simili precedenti, la regola e non l'eccezione.


Aaron Allegra



Tra le fonti consultabili:
Times Online sull'attacco di Damadola

Sito della BBC
Sito del New York Times: bombardamento di Daande Darpkhel

Cronologia dei bombardamenti americani secondo il sito Pakistani Intellectuals






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Allontana il tuo pensiero da questa via di ricerca e non ti spinga su di essa l'abitudine di lasciarti guidare da un occhio che non vede, da un orecchio che rimbomba e dalla parola: giudica invece con ragione. (Parmenide)

Il documentario sopra titola "il Corpo delle donne", realizzato da Lorella Zanardo la quale prova, mi sembra con successo, a metter da parte l'occhio che non vede cercando di recuperare il volto considerato troppo rugoso per la porcellana televisiva.

Era questo l'intento del femminismo de "Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce di una bicicletta"?


Sono queste donne, figlie e mamme , comparse mute o donne-piededitavolo, il frutto e il simbolo dell'emancipazione femminile?
Questo topos televisivo della donna è frutto di sfiducia nella reale possibilità che possa esistere parità de facto tra uomo e donna o è l'ennesima prevalicazione di una visione machista della donna all'interno del panorama televisivo?

Se la sfiducia è l'ingrediente che non ha fatto fermentare un'immediata e intensa ribellione a questa direzione, difficile risulta trovare motivazioni ragionevoli che giustifichino la visione del corpo-oggetto al di fuori di una visione rivisitata e resa "socialmente accettabile" del maschilismo di terza categoria.

A tal proposito Gad Lerner scrive nel suo blog riguardo A.Ricci:
"vedo in lui -che adora pensarsi nichilista e sovversivo- il Dante Alighieri del berlusconismo; cioè il vate che ha tradotto nella lingua volgare della televisione commerciale una mentalità degradante e misogena, da vitelloni e da frequentatori di casino, senza un passo avanti rispetto all’italietta puttaniera e clericale degli anni Cinquanta."

Ben vestito e con la falsa democrazia del telecomando questo libertinaggio sul corpo delle donne (c'è chi lo definisce "fascismo estetico" ma accostamenti cosi arditi li salto a piè pari) come era facile aspettarsi si è fatto strada fra gli uomini ma fuori da ogni aspettativa (o buon senso) ha preso possesso anche delle donne.

Sotto questa luce,o in questo buio, non è più la possibilità di poter lavorare e realizzarsi professionalmente pur avendo una famiglia  la conquista del nostro tempo (alludendo con "professionalmente" a capacità coltivate che trascendono la semplice esposizione di decoltè) ma la possibilità "di andare a letto con tanti uomini  e non venire considerate cattive ragazze".

La ricerca della parità si è trasformata in una disdicevole ricerca acritica di uguaglianza. Le opportunità nell'essere libere di fare e libere da pregiudizi si è trasformata in una continua ricerca di appagamento unidirezionale dal sexy per il sexy nel sexy (naturalmente per gusto e desiderio squisitamente maschile).

Le mie fiducie si ripongono nell'indisponibile femminilità donna che continuerà a esistere e prender piede a sfavore di una femminilità uomo unicamente dipinta con colori nudi che tanto hanno di volgare e veramente poco di sensuale.

Gabriele Pergola



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E' adesso o nell'immediato futuro che, secondo le autorità sanitarie, la diffusione dell' influenza A dovrebbe trasformarsi in pandemia. E' di scottante attualità, quindi, il dibattito sull'opportunità o meno della vaccinazione contro il contagio.
Tra tesi complottistiche più o meno verosimili e pronunciamenti di dubbia neutralità a favore della prevenzione, abbiamo provato a raccogliere e collegare meglio che potevamo alcuni dati. Ciascun lettore sarà poi libero di trarre le conclusioni che preferirà.

- Stando alle statistiche aggiornate alla data del 19 ottobre, i casi confermati di influenza suina sono più di 399.232 . Quelli mortali, 4735: in percentuale, circa l'1%. Una percentuale relativamente bassa: bisogna però specificare che i casi di decessi di persone che non presentavano debilitazioni precedenti alla malattia sono stati finora più alti rispetto alle normali influenze stagionali.

- La decisione del governo di non chiudere le scuole – teoricamente indice di una bassa valutazione del rischio – e la bassa percentuale di decessi di cui sopra fanno apparire ingiustificata l'entità della campagna di vaccinazione che, secondo le intenzioni del Ministero, sarà “la più grande vaccinazione di massa mai effettuata in Italia”: dovrebbe coprire il 40% della popolazione.

- I primi vaccini, a disposizione degli operatori sanitari e delle altre categorie a rischio, saranno pronti solo il 15 novembre, mentre le dosi destinate a giovani e anziani verranno distribuite a partire dalla fine dell'anno. Quando la malattia dovrebbe essere già in piena diffusione.

- Risale ad appena pochi anni fa il clamoroso caso di contaminazione dei vaccini contro l'influenza aviaria con campioni di virus vivi e letali. Contaminazione che la casa produttrice del farmaco ha sostenuto essere stata accidentale, sebbene l'alto protocollo di sicurezza della struttura in cui il vaccino è stato prodotto dovrebbe escludere la possibilità di errori tanto grossolani (e letali). Oggi a produrre il vaccino contro la pandemia dell'influenza A è la stessa casa farmaceutica incriminata, la Baxter.

- Stando ad una lettera delle autorità britanniche pubblicata sul Daily Mail risalente al 29 luglio, si temono eventuali connessioni tra alcune malattie neurologiche (sindrome di Guillain-Barrè ) ed il vaccino. Probabilmente questo timore si riferisce a ciò che accadde nel 1976 negli Stati Uniti: a seguito dell'allarme lanciato per una possibile diffusione pandemica di influenza suina – allarme che si rivelò essere una bolla di sapone – fu avviata una massiccia campagna di vaccinazione: si registrarono più di 500 casi di sindrome di Guillain-Barrè tra coloro che avevano assunto il farmaco, farmaco che causò più decessi dell'influenza stessa. Il vaccino fu ritirato dal commercio dopo appena dieci settimane.

Detto ciò riteniamo opportuno sottolineare, benchè possa sembrare ovvio, che nessuno di noi può avanzare una previsione realistica sull'effettiva letalità della pandemia prevista per quest'autunno ( sempre che, e non ce lo auguriamo di certo, di pandemia si tratterà ). Nessuno può sapere con certezza se si rivelerà più saggio vaccinarsi o meno. Ma, stando ai dati attualmente nostra disposizione e alla stima del rapporto rischio/beneficio che da essi ci sentiamo di dedurre, ci sembra doveroso invitare alla prudenza e ad una più meditata valutazione chiunque abbia già deciso, forse a cuor leggero, di vaccinarsi non appena il farmaco sarà disponibile. Dal canto nostro ci ripromettiamo di approfondire nelle settimane a venire alcuni degli aspetti più interessanti del problema di cui qui ci siamo limitati a fornire un breve riassunto: cercando, per quanto possibile, di porre luce su una questione che probabilmente influenzerà in modo decisivo il nostro futuro prossimo.

Aaron Allegra
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Vorrei che riflettessimo riguardo al recente attentato avvenuto in Afghanistan contro i militari italiani della Folgore che ha causato la morte di sei uomini. Gli attentatori,i Talebani,sono persone estremamente pericolose, frutto di un’educazione religiosa da quattro soldi, abituati a risolvere i problemi con la violenza, traboccanti di presunzione che li fa sentire i veri riformatori dello stato musulmano. Hanno sfruttato appieno il punto debole della religione: il suo essere vulnerabile a strumentalizzazioni finalizzate alla giustificazione di atti di violenza.

Di fronte ad una tale situazione, la soluzione più evidente sembra essere quella adottata dagli States,seguiti a ruota dall’Italia,ossia la cosidetta “pacificazione”,eliminazione dei nemici che ostacolano lo sviluppo della democrazia. D’altronde, noi occidentali ci sentiamo maestri di democrazia, ma forse dovremmo essere i primi ad imparare, visto il marciume di cui è macchiato il nostro sistema. Un esempio palese di quanto siamo democratici e rispettosi della pace è che siamo, al secondo posto dopo gli USA, i maggiori produttori di armi. Le stesse armi che vengono comprate dai terribili talebani, le stesse armi contro le quali, probabilmente, combattevano i sei della Folgore!

Piangere dunque per la morte di ragazzi mandati a combattere una guerra da noi stessi fomentata in nome del Sacro Dio Denaro adorato tramite il commercio di armamenti,appare come una disgustosa ipocrisia. E’ ovvio che ciò non significa che la responsabilità sia tutta del mercato ,ciò toglierebbe la responsabilità dei militanti fondamentalisti in quello che hanno fatto, ma dobbiamo almeno dire con oggettività che, mandare avanti il mercato bellico significa desiderare che ci siano guerre in cui vengano acquistati i suoi prodotti, guerre dunque impossibili senza tali mercati. E così entriamo in uno squallido circolo vizioso dove è sempre il profitto a dettare legge. Il governo italiano non può dirsi dispiaciuto per la morte dei suoi militari se poi una politica di disarmo,che ridurrebbe drasticamente tutte queste morti, non rientra nemmeno lontanamente nei suoi progetti.

E i sei della folgore? Erano consapevoli di tutto questo? Sapevano che accettando di partecipare a questa guerra si sarebbero offerti come vittime sacrificali per la adorata Divinità Monetaria? Sapevano che risolvere il problema con la violenza non salverà l’Afghanistan? Sapevano che l’Afghanistan è uno dei maggiori produttori di oppio e che lo commercia solitamente in cambio delle solite care vecchie armi? Il dolore per la loro morte è grande e non può essere altrimenti. Soltanto, però, penso che piuttosto che definirli martiri, come è stato fatto da alcuni, sarebbe meglio il termine vittime. Vittime di un’illusione: la “pacificazione” dell’Afghanistan; di una dittatura: il regime talebano; di un fariseo ipocrita: il governo e il suo mercato bellico, che si impegna a difendere una pace che viene ostacolata dai suoi stessi commerci. Difendere la pace con le stesse armi che la sopprimono. Forse a scuola non erano delle cime e si sono dimenticati un semplice concetto filosofico, il principio di non-contraddizione?

Pietro Lo Re
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Inserirsi in questo mare magnum necessita delle motivazioni serie per evitare di correre il rischio di risultare superflui.
Quello che ci ha spinto ad entrare nel panorama dell'informazione on-line trova le sue fondamenta in una forte fiducia, oggi tutt'altro che scontata, nella possibilità di raggiungere una verità comune attraverso il dialogo.
Impegnandoci a non cadere in faziosità autoreferenziali, nella cronaca fine a se stessa e in una satira che non lascia spazio alla discussione, speriamo che la condivisione delle nostre premesse vi spinga a mettervi in gioco contribuendo attivamente alla creazione di un clima stimolante per lo sviluppo di proficue riflessioni.
Per rendere questo spazio uno spazio comune e maggiormente aperto al dibattito costruttivo e pacifico tra le più differenti posizioni, accetteremo anche riflessioni e articoli da parte di voci esterne allo staff, di chiunque sia in grado di esporre compiutamente e con rispetto il proprio pensiero.

Lo staff di Attrito
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