Decrescere per crescere:la filosofia della Decrescita e la necessità di un nuovo paradigma economico

« Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista. »
(Kenneth Boulding, filosofo, economista e poeta statunitense morto nel 1993)

Viviamo in un mondo che,contrariamente a quanto pensiamo o almeno speriamo, non è gestito in un modo molto saggio e responsabile. Questa situazione purtroppo si verifica spesso,o forse sempre,da quando l’uomo è sulla terra quindi fin qui nulla di nuovo. Ciò che invece ogni volta si rinnova sono i modi particolari in cui questa,chiamiamola “follia” in accordo con la citazione soprastante,si concretizza.

Nella nostra epoca questa “follia”,in un campo che da sempre è uno dei suoi ambienti preferiti,cioè il sistema economico,ha preso appunto una forma che nella frase di Boulding è definita come “crescita esponenziale”.E’ stato utilizzato questo termine per dire fondamentalmente che una grande follia della nostra epoca consiste in pratica nel fatto che tendiamo ad accrescere sempre di più il numero degli oggetti da produrre e da possedere e a diminuire il loro tempo di durata, pratica che è stata giustamente rappresentata all’interno dei significati del termine “consumismo”. E tutto questo in un mondo che invece non può,per limiti fisici,sostenere un tale consumo né garantirlo a tutti i suoi abitanti.

Dati questi presupposti,ne consegue che continuare a perpetrare questo stile di vita è una follia perché comporta un grave pericolo per la sopravvivenza del pianeta e di tutti i suoi abitanti,quindi anche di noi umani, e che si tradurrà inevitabilmente in un futuro di autodistruzione. E visto che mantenerlo comporta,già nel presente,rapporti sociali basati su disparità enormi,appare evidente come sia anche uno stile di vita assolutamente immorale.
Contro questo paradigma di vita basato sulla “crescita” si è schierata una filosofia di vita che ha preso il nome di “de-crescita” e conoscerla è fondamentale se vogliamo studiare un modo possibile per uscire da questo meccanismo autodistruttivo.
Il termine ha come padri fondatori la scuola di pensiero dell’associazione Club di Roma e intellettuali come il rumeno Nicholas Georgescu-Roegen e il francese Serge Latouche. In Italia oggi la filosofia della Decrescita è sostenuta e diffusa da un discreto numero di gruppi,associazioni e pensatori dei quali uno di questi è Maurizio Pallante.
Oltre all’evidenziare l’insostenibilità a lunga durata del sistema economico consumista dovuta,come si diceva sopra,ai limiti strutturali del pianeta,la filosofia decrescista contrasta fortemente la tendenza a valutare il benessere della popolazione non in base alla verifica di un’esistenza effettiva di tale benessere ma in base all’indice di produzione che tale popolazione raggiunge,ovvero il Prodotto Interno Lordo,meglio noto nella sua forma abbreviata “PIL”.
Tale fattore non è infatti adatto allo scopo in quanto considera unicamente l’aumento delle merci prodotte e non dei beni:il problema nasce dal fatto che ad una merce non corrisponde necessariamente un bene e un bene non è necessariamente una merce .
I beni derivanti da buone relazioni sociali,da relazioni affettive,ecc. non possono essere acquistati,dunque non sono merci. Dunque il loro incremento è ignorato dal fattore PIL proprio perché quest’ultimo valuta unicamente l’incremento di merci. E dunque,ecco perché tale fattore non è adatto a valutare quale sia il reale livello di benessere di una popolazione. Come rileva Pallante nel suo libro La felicità sostenibile, “Se rimaniamo imbottigliati nel traffico,bruciamo litri di carburante(accrescendo il PIL!) ma non passiamo ore piacevoli”: è un ottimo esempio di come per rilevare un fattore (in questo caso il benessere delle persone) si utilizza un rilevatore inadatto (il PIL).
Appare chiaro quindi come la filosofia della Decrescita abbia come obiettivo quello di restituire all’umano la precedenza del raggiungimento della felicità su quella della possessione della merce.

Ma non è finita qui,perché all’attuale sistema di crescita produttiva ed economica è legato un altro grave problema che la filosofia della Decrescita evidenzia in tutta la sua gravità: il peso dell’impatto ambientale,ovvero il prezzo da pagare per uno stile di vita basato sul consumo continuo e in crescita esponenziale.
Invasione dei rifiuti,effetto serra,inquinamento atmosferico,esaurimento delle risorse,sono tutte tematiche note ormai un po’ a tutti; un po’ meno lo è la consapevolezza reale sul fatto che tantissime nostre azioni quotidiane comportano l’accrescimento di questi problemi. Attraverso gli esempi seguenti potremo farci un’idea di quanto difficilmente ci interroghiamo circa le conseguenze dei nostri gesti anche più banali e di quali siano i rimedi proposti dalla filosofia della Decrescita e perché.
Tantissimi cibi che consumiamo anche giornalmente comportano una serie di rifiuti superflui dei quali forse nemmeno ci accorgiamo. Pensiamo ad esempio ad un vasetto di yogurt comprato al supermercato. Oltre al contenitore in plastica aggiungiamo la copertura in alluminio e la carta utilizzata per la confezione:ben tre tipi diversi di rifiuti e cioè plastica,alluminio e carta. Producendo lo yogurt in casa,cosa assolutamente possibile e per niente complicata,la quantità di rifiuti si riduce a zero perché avremo soltanto un contenitore di vetro che riutilizzeremo all’infinito. Quindi meno risorse utilizzate e meno rifiuti da smaltire ovvero minore impatto ambientale. Lo stesso vale per le posate usa e getta in plastica che, date le caratteristiche del materiale di cui sono fatte,rimangono nell’ambiente per decine di anni.

Abbiamo trovato una delle parole chiave della Decrescita: riutilizzo. Non ce ne accorgiamo ma buttiamo via un sacco di oggetti senza chiederci se potessero esserci ancora utili: il cellulare perché non è più di moda anche se funziona perfettamente,idem il vestito ancora in ottime condizioni ma che non sta più agli standard estetici attuali o ancora la televisione perché siamo troppo pigri per portarla a riparare anche se il danno è rimediabile perché ci viene più facile comprarne una nuova. In pratica il consumismo ci chiede di utilizzare gli utensili non secondo il criterio di utilità ed efficienza ma secondo il criterio di mercato che è un criterio di usa e getta il più presto possibile per poter comprare ancora; la Decrescita denuncia tutto questo come una trappola subdola invitandoci a puntare sulla durata e sull’efficienza reali degli oggetti.

Vediamo ora alcuni esempi di gestione irresponsabile delle risorse. Entriamo da Mc Donald’s o Burger King e prendiamo del cibo. Pensiamo mai al fatto che i contenitori di questo cibo- la confezione in cartone del panino o delle crocchette di pollo,il contenitore della bibita e gli involucri vari- sono tutti rifiuti che a) non sono adatti al riciclo b) sono costituiti per la maggior parte di carta che non venendo in questo caso riciclata deve essere prodotta con una frequenza e un dispendio di risorse molto più grandi? E che la fonte da cui si ottiene è costituita dagli alberi,fondamentali per il ciclo di ossigenazione del pianeta?
Oppure,perché comprare cibo coltivabile anche in Italia dalla Cina o dal Brasile visto che i trasporti necessari per farli arrivare negli scaffali dei nostri supermercati richiederanno un dispendio di carburante molto maggiore di quello che servirebbe per una coltura locale?
Rifiuti ridotti al minimo e agricoltura locale sono quindi altre due parole chiave della Decrescita.

E’ facile immaginare alcune reazioni di fronte a tutto questo: “ma siamo pazzi?” ,“io non ho mica il tempo per autoprodurmi il cibo a casa!” , “ma vogliamo tornare all’età della pietra?”, “i soliti estremismi da ecologista” , eccetera eccetera . Seppur comprensibili,queste reazioni risultano essere infondate. Nulla infatti è più lontano dalla filosofia della Decrescita dell’essere contrari alla tecnologia e alle utilità che questa comporta né tantomeno a creare masochistiche complicazioni alle nostre già impegnative vite da esseri umani. Alla tecnologia si chiede di operare realmente per garantire il benessere del pianeta. E il recuperare alcune pratiche come quelle della produzione in casa di alcuni cibi o utensili potrà forse vederci impacciati ad un primo approccio ma in realtà tornerà ampiamente a nostro vantaggio,sia in termini economici che in termini di crescita personale in quanto ci permetterà di sviluppare un’abilità umana fondamentale,la trasformazione della materia al fine di ottenere nuovi oggetti. Dovrebbe risultare quindi ovvio che la riduzione dei consumi,nell’ottica dei decrescisti,è ritenuta necessaria per l’aumento-o forse sarebbe meglio dire per il raggiungimento- del benessere. Insomma,consumare meno per vivere meglio,decrescere per crescere è l’assunto di base di un sistema di pensiero che,preoccupato per l’andamento del mondo, cerca di trovare una direzione che sia veramente a misura di pianeta Terra.


Pietro Lo Re
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