articolo inviatoci da Guglielmo Militello
La legge sulle intercettazioni ideata dal ministro Alfano e dall’avvocato del premier Ghedini appena passata alla camera avrà conseguenze sociali particolarmente gravi per non dire disastrose: essa non inficia soltanto l’ambito giuridico (non sarà più possibile eseguire delle intercettazioni telefoniche o mediante video se non si possiede la prova che l’indiziato stia compiendo un reato) ma anche quello giornalistico e della libera informazione ( si può parlare dei processi solo una volta che vengono pubblicate le sentenze).
Queste due immediate conseguenze di una proposta di legge “criminale” e anticostituzionale ( va contro l’articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto d’informazione da parte dei cittadini) meritano un’accurata analisi e un’attenta riflessione.
Con questa legge risulterà dunque impossibile svolgere indagini su soggetti particolarmente pericolosi per il Paese, a partire da tutti coloro che sono collusi con la mafia; è inutile dire come ciò indebolirà notevolmente il nostro sistema giuridico favorendo l’aumento della criminalità e lo stesso vale per i reati economici.
In altri paesi occidentali, come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, è vero che non si può parlare di un processo se non a sentenza emessa, tuttavia lì la macchina giudiziaria è tre volte più veloce rispetto a quella italiana e chiaramente se ne può parlare in tempi brevi. Poiché in Italia, invece, la giustizia va particolarmente a rilento è necessario, al fine di avere un’opinione pubblica informata, fornire subito una cronaca dell’iter processuale.
In Italia si tenta di bloccare le intercettazioni fatte da magistrati – e non quelle fatte da società private- perché la magistratura, essendo organo indipendente, non è facilmente “controllabile” come avviene invece per i servizi segreti, da parte del governo.
Purtroppo nel contesto italiano sarà molto difficile opporsi a tale legge, sebbene sia necessario farlo se si tiene almeno un po’ a quell’alto concetto che prende il nome Giustizia.
Queste due immediate conseguenze di una proposta di legge “criminale” e anticostituzionale ( va contro l’articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto d’informazione da parte dei cittadini) meritano un’accurata analisi e un’attenta riflessione.
Con questa legge risulterà dunque impossibile svolgere indagini su soggetti particolarmente pericolosi per il Paese, a partire da tutti coloro che sono collusi con la mafia; è inutile dire come ciò indebolirà notevolmente il nostro sistema giuridico favorendo l’aumento della criminalità e lo stesso vale per i reati economici.
In altri paesi occidentali, come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, è vero che non si può parlare di un processo se non a sentenza emessa, tuttavia lì la macchina giudiziaria è tre volte più veloce rispetto a quella italiana e chiaramente se ne può parlare in tempi brevi. Poiché in Italia, invece, la giustizia va particolarmente a rilento è necessario, al fine di avere un’opinione pubblica informata, fornire subito una cronaca dell’iter processuale.
In Italia si tenta di bloccare le intercettazioni fatte da magistrati – e non quelle fatte da società private- perché la magistratura, essendo organo indipendente, non è facilmente “controllabile” come avviene invece per i servizi segreti, da parte del governo.
Purtroppo nel contesto italiano sarà molto difficile opporsi a tale legge, sebbene sia necessario farlo se si tiene almeno un po’ a quell’alto concetto che prende il nome Giustizia.
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