Pirati in Festa

By Aaron Allegra on 3/23/2010


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A quando il partito dei furti con destrezza o l'associazione degli amici dello sballo legalizzato? - si chiede Tullio Camiglieri, Coordinatore del Centro Studi per la difesa dei diritti degli autori e della libertà di informazione, riferendosi alla "Festa dei Pirati" (informatici), svoltasi sabato scorso al cinema Capranica di Roma.

La stessa manifestazione che conta tra i suoi partecipanti "d'eccellenza" Antonio di Pietro: l'inflessibile promotore del rispetto della legalità in Italia è intervenuto al raduno dei sostenitori del libero scambio di materiali multimediali in rete, scambio che spesso avviene in barba alle attuali leggi del copyright ed è quindi perseguibile legalmente.
Come si spiega questa contraddizione apparente? Quali fattori culturali gli permettono di partecipare ad una manifestazione a favore del P2P senza dover dismettere l'abito di fautore della legalità?

°Il primo punto da mettere in evidenza è che da parte della maggioranza dei consumatori il download per uso privato di materiale coperto da copyright non viene percepito come illegale. A ragione o a torto, potremmo chiederci? In realtà la risposta non è così semplice. Da un lato è certo che nessuno di noi, neppure il più accanito fruitore di film, musica o giochi scaricati illegalmente, pensa seriamente che sia giusto non retribuire artisti, intellettuali e programmatori per il loro lavoro. E' evidente che la fatica ed il tempo impiegati nel produrre dei beni culturali (senza contare l'inventiva necessaria), meritino un giusto compenso e che la proprietà intellettuale delle opere sia e rimanga un diritto fondamentale che deve venir riconosciuto. Eppure la facilità di accesso a contenuti tutelati dal copyright e l'impersonalità della procedura di scaricamento contribuiscono alla sensazione di non star compiendo nulla di illegale. Non abbiamo dinanzi a noi la persona alla quale arrechiamo un danno, a differenza di quanto accade con gli altri tipi di "furti", e questo è un fattore della pirateria difficilmente eliminabile. D'altro canto, definire lo scaricamento illegale un "furto" sembra decisamente inappropriato anche a chi scrive. E ciò non soltanto per i fattori di carattere "emotivo" di cui si è parlato sopra, ma anche per ragioni molto più condivisibili e razionali.

°Il problema principale è che l'attuale prezzo della maggior parte dei prodotti multimediale è insostenibile rispetto alla quantità a cui al giorno d'oggi ha bisogno di accedere un uomo di media cultura. Per fare un esempio, un cittadino comune che volesse tenersi mediamente informato sulle novità che il mondo della cultura gli offre al giorno d'oggi seguirà circa 4 serie tv all'anno (il costo medio del DVD con una stagione di un serial televisivo si aggira intorno ai 50 euro). Ogni mese acquisterà come minimo un CD musicale, dal costo medio di 20 euro; leggerà almeno tre libri (molti di più se consideriamo anche quelli che sono materia di studio) il cui costo medio è 20-30 euro l'uno, andrà al cinema più o meno quattro volte (sei-sette euro a spettacolo); inoltre, qualora volesse accedere a buona parte dei contenuti disponibili nelle reti televisive, dovrà sborsare all'incirca 40 euro per la pay tv.

°Soprattutto, tutti ormai sanno che buona parte del ricavato non andrà direttamente all'artista: la mediazione delle grandi case produttrici, che come è certo tendono a gonfiare i prezzi fino a livelli ritenuti inaccettabili dai consumatori, viene ormai vista come ingiustificata, illegittima o predatoria. Se certamente le grosse multinazionali della cultura tendono ad agevolare in un primo momento lo sbocco degli artisti emergenti, è altrettanto vero che in un secondo momento esse spesso divengono, per ammissione degli stessi artisti, una forte limitazione alla loro libertà creativa e alla stessa proprietà intellettuale delle loro opere. Se dunque scaricando illegalmente si fa un danno a qualcuno, la sensazione è che questo danno lo ricevano molto più le grosse major speculatrici che gli artisti stessi. Sono soprattutto loro che, nella nuova era di liberto accesso ai beni multimediali, potrebbero rischiare il tracollo. Ma sarebbe davvero un danno per l'industria della cultura? Ciò non potrebbe invece favorire la nascita di nuovi sistemi di interazione diretta tra intellettuali e consumatori, sistemi che usufruendo della stessa rete potrebbero non avere più alcun bisogno di supporti materiali (pensiamo ai CD, ai DVD o alla carta) e di alcuna intermediazione da parte di terzi, portando ad una minimizzazione dei prezzi ottimale tanto per il consumatore che per il produttore del bene o del servizio?

°Infine, sembra che sia difficilmente giustificabile da un punto di vista etico o razionale la necessità di mantenere il copyright anche su opere che hanno fatto il loro tempo o il cui ideatore non è più in vita. Oltre che il sistema di interazione tra produttore e consumatore è lo stesso sistema del copyright che necessità di essere reso più "leggero" e al passo con i tempi attuali. Non ha senso dover continuare a pagare per vedere un classico del cinema degli anni cinquanta o per ascoltare una canzone di Elvis Presley.

Per tutte queste ragioni riteniamo che la pirateria non sia soltanto sinonimo di barbarie, immoralità e opportunismo. E' soprattutto il frutto di un sistema vecchio e obsoleto che tarda ad adeguarsi alle necessità del pubblico per non correre il rischio di perdere certi privilegi economici di casta. Cosa che troviamo, francamente, indifendibile.

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